MOMENTI DI POESIA
POESIE SPARSE DI RINO BIZZARRO
ULTIMA
io ne sono fuori.
Lui va avanti,
io lo seguo,
distratto.
Talvolta vorrei entrarvi,
ma non c’è posto per me!...
Disperatamente annaspando
alle sue pareti chiuse,
io sono, di sera, il monello
aggrappato ad un tram.
SUD
nell’atteso ritorno;
lasciate che il mio volto,
fatto pallido,
ancora s’imbrunisca
a questo sole spietato
che puntuale ritrovo ad aspettarmi.
Non ditemi nulla!
Riconosco ogni casa;
in ogni volto
ritrovo l’amico,
in ogni pietra
…me stesso.
Rimarrò qui,
a confondermi coi lecci,
a sentire in faccia
il favonio,
a godere
dell’odore di salvia
per la campagna nuda,
tra miti e fichi d’india
sulle muricce bianche di calcina.
Mia terra,
ad ogni delusione
mi vedi ritornare
e ogni volta più stanco;
mi riapri le tue braccia
bianche,
senza rancore
e selvaggia
contro il sole
sei l’unica certezza,
riscontro all’esistenza…
Io so che consumato
l’eterno pane amaro,
più sicuro
del mio gioco di dadi,
alla fine di tutto,
rimani tu, sempre,
mio Sud.
UOMO DEL SUD
quando geme ai solai il maestrale
e la casa è deserta,
non ditemi
di seguire l’aratro
e non pensare,
di mordere il mio eterno pane amaro,
di segnarmi ai crocicchi
e di sperare!
Troppi venti passarono
sopra rabbiose fami di universo;
troppi cani feroci
rosicchiarono
ossa di mille schiavi,
potenti e disperati,
fatti ora consapevoli:
cittadini del mondo!
Oggi,
ad oriente,
sorge un sole profeta;
in quest’aurora lucida di grida
io, uomo del sud,
reclamo la mia parte;
rinato pietra e sangue,
ambizioso ribelle,
levo braccia di fuoco
all’avvenire!
Dovessi confessare
da dove e come nasce,
mi troverei in gran difficoltà.
Non ha una sorgente precisa
né
un modo ripetibile a comando.
Non
ha gli approdi stabiliti in mappa
e non ci sono fari,
così che in caso di tempesta, tutto
viene lasciato in balia delle onde.
Il discorso non è codificabile.
Non nasce qui o là la poesia
e nessuno sa il come od il perché.
E’
come quelle scatole a sorpresa
da cui ti aspetti chissà che e invece
hanno solo il pupazzo con la molla.
PUGLIA MIO RIMORSO
Oh Puglia, mio rimorso,
come ti hanno ridotta!
Quanti ti hanno lasciata
senza voltarsi indietro!
-…Ma che sto a fare qui…
io nel giro di un anno
conto di andare via:
Roma… Milano…si vedrà, ma qui!...-
Ed io vorrei gridare con la terra:
non partire anche tu, non te ne andare,
non infierire sulla povertà!
Oh Puglia, mio rimorso, tu lo sai,
perché mi sei nel sangue,
che quando il treno fischia,
nel cuore mi tormenta lo spavento
e paura di strade e volti ostili!
Tu conosci ai ritorni la mia gioia
che riempie di parole,
di canti e di preghiere saracene
la gola, gli occhi, il cuore disperato.
Oh Puglia, mio rimorso,
è qui che devo stare;
io rimango con te;
e tu distesa al sole,
come una donna bella,
certa di essere amata,
non mi rispondi perché sei tranquilla
e pensi corrucciata solo a quelli
che se ne vanno per non ritornare.
Di me tu sei sicura
come fatto scontato, naturale;
io ti appartengo come i sassi e il mare:
sono il tuo istinto di sopravvivenza.
tu non sei andata giù completamente;
non sei caduta ancora,
diabolico birillo: ultimo in piedi.
Qualche cosa è rimasta e si aggira
fra gli androni deserti della mente,
negli ambulacri della vita scorsa
dove ristagna l’eco delle voci,
il rumore confuso, qualche passo,
una frase spezzata nell’assenza…
Il lungo sortilegio di parole
che solo ci appartiene,
non ha capo né coda…
considerato che il mondo, per me,
è un treno perso irrimediabilmente.
Continuare ad aggrapparsi ai giorni,
correre dietro ancora a questo e a quello,
non ha davvero senso anche perché
stando così le cose non si sa
dove finisca la tenacia e dove
sia solo testardaggine.
nessuno ti spiegò la verità…
La carta rossa di una caramella
posta dinanzi agli occhi per ischerzo
era una gran finestra spalancata:
a me bambino, affacciato, stupito,
il mondo ed i suoi grigi
apparivano magici…
Oggi è serrata quella gran finestra
e rotto il saliscendi;
ma sei rimasta tu,
profumata di zucchero e di menta,
carta magica, rossa, crepitante,
per i miei occhi curiosi e incantati:
esile Poesia.
Più della pece,
Nalbok,
amico mio.
Ma una tessera decisiva
per un mio certo mosaico
della purezza,
la tua inerme bontà.
Tu,
solo
ti sporcavi
di bianco.
BARI A TU PER TU
per le tue strade lucide,
di notte,
a carcare il rifugio introvabile,
dove maturava
la nostra smania
ed ogni fallimento.
Qui dove si perpetua
l’errore di confondere
il potere degli uomini
con il loro valore,
non c’è spiraglio, scampo, salvezza
se vuoi conservare pulite
le mani.
Si fa pesante il gioco
quotidiano
e a toccare la palla
ogni volta
te le sporchi di fango le mani.
Lo stesso ti abbiamo amata,
senza rabbia né impegno,
senza carta né penna,
ma con stile impeccabile,
Bari degli scontenti.
La più bella poesia
l’abbiamo scritta restando,
vivendo con te.
solo se sento gli altri
usare l’imperfetto
nel raccontarti.
Altrimenti mi aspetto
che tu esca dal silenzio,
mi stringa il braccio e dica
che non vuoi più sentirli…
L’assurdo è che tra i vivi
(cosiddetti)
non ce n’è uno
che abbia la vista
per scorgerti
nei pollini di marzo
al vento della sera.
So che non sei di là,
nascosta dietro il grande marmo freddo,
con gli occhi chiusi
e l’aspetto severo.
Sono certo che gli occhi
adesso li hai aperti più che mai
e chi si nascondeva non ha scampo.
IL POETA
che nonostante stanchezza e amarezze,
delusioni, miserie, infingardaggini,
volti dipinti e manovre congiunta,
riesca sempre a volare su tutto
e a guardare negli occhi delle stelle.
mentre è solo
legittima difesa disarmata.
di alzare gli occhi
e fissare una stella
di sera
con antica emozione;
quando sono capace
di guardare dritto
nei tuoi occhi
anima mia
con sempre nuovo incanto;
quando sono capace
di guardarmi le mani
e trovarle pulite
nonostante gli strappi e la fatica,
allora
sono passato indenne
fra le miserie e il fango.
Mi domandi perché
più la lotta ha per fine
soltanto un ideale di giustizia,
più innocente è il cammino,
più alto è l’amore,
proprio allora più grande
è l’offesa del mondo,
l’ostilità degli uomini più accesa,
la schiera dei nemici più compatta.
Non ho risposte o verità assolute:
chi non si pone in vendita,
chi non incanaglisce cuore ed anima,
chi non è al soldo di consorterie,
è guardato di sbieco,
con sospetto e dispetto.
…E in fondo è giusto, chè la libertà
costa assai cara, bisogna pagarla
e pochissimi
possono toccarla…
le fasce di stipendio
(inventate per dividere
e tener schiavi gli uomini),
le cilindrate a turbo,
le case doppie o triple,
i falsi bisogni ed i falsi problemi,
le anticamere, i capi divisione,
allora fatemi un fischio
e scenderò dal monte.
Perdonate l’apparente disimpegno
(ho combattuto anch’io
la mia battaglia
con urla grida scoppi e ’68)
ma adesso io parlo con le talpe,
non vi sento,
mi aspettano i ramarri.
affacciato di fronte all’orizzonte
della bellezza tua miracolosa:
così con la mia voce
insufficiente ma determinata
canto adesso
l’abbaglio del tuo riso,
la misura garbata del tuo sguardo,
l’esplosione accecante
del corpo tuo sontuoso,
dove i gigli, le rose, i ciclamini
e tutti i fiori con tutti i colori
mirabilmente si fondono in uno
ed in dono gentile si offrono
alle mie mani tese
in attonito abbraccio.
Nessuno può guardarti senza gioia
e il poeta non può restare muto:
tu sei il punto
dove la natura
meglio si esprime.
l’incontrai,
in un angolo buio
del reparto.
Guardava da un’altra parte,
intenta ad altri;
ma d’un tratto
e solo per un attimo
puntò lo sguardo
su di me.
Sarebbe bastato un soffio,
un nulla,
un fischio
e avrei dovuto ubbidire,
rispondere al richiamo.
Ma capii
che non era lì
per regolare il mio tempo.
Nel lampo del suo sguardo
lessi però
che l’appuntamento
era appena di poco
rimandato.