Alcuni degli ultimi allestimenti di Puglia Teatro, a ben vedere, somigliano un po’ a delle scatole cinesi: ognuno, pur essendo autonomo in sé, proviene da un altro precedente spettacolo e probabilmente già ne contiene un altro. Dalla Commedia dell’Arte e il teatro di Maschere (con la riproposta della Maschera teatrale pugliese Don Pancrazio Cucuzziello), alla fine del teatro di Maschere (con l’utilizzo di Don Pancrazio in chiave moderna); dall’emigrazione teatrale alla scelta di “ritornare”; dal Cafè Chantant al Varietà ecc.; il cammino è stato lungo, probabilmente lo sarà ancora, e gli spettacoli sono stati tanti. Questo “Magie du Varietè” mette a fuoco quel particolare momento storico che è il passaggio dal Cafè Chantant al Varietà (fra gli ultimi anni dell’800 e i primi decenni del ‘900) e che qui è vissuto teatralmente mentre si allestisce uno spettacolo da rappresentare alla “Grande Sala Umberto”. Già il titolo del lavoro lascia in bilico, sospesi fra tentazioni esterofile e legami con il territorio; gli stessi attori infatti si domanderanno ad un certo punto dello spettacolo se quel “du” del titolo del lavoro, per esempio, significhi “del” in francese o in dialetto barese (che si dice appunto “du”). E poi ci sono dentro artisti in cerca di scrittura, damerini, ballerinette più o meno in disarmo, duettisti, buffi, posteggiatori, pazzarielli, clowns, attrazioni, numeri musicali, morti di fame; la comicità più eccentrica e quella più sbracata in un revival di tipi, caratteri, ambienti, atmosfere: sì, questo è essenzialmente uno spettacolo di atmosfere, fra una risata ed una meditazione. Il tutto però mantenendo al lavoro una connotazione anche artigianale, dove artigianale non è sinonimo di sciatto, trascurato, minore, ma significa fatto con le mani, con il cuore e col cervello, come il teatro che facevano i comici della Commedia dell’Arte, quelli del teatro di Maschere, gli artisti del Cafè Chantant e quelli del Varietà; quando il teatro era ancora due assi e una passione e si faceva più con il cuore ed il talento (eventuale) che con i miliardi (magari pubblici) e gli attori venivano seppelliti in terra sconsacrata.